“Stai a casa”: esempi di terrorismo psicologico e frustrazione
È giovedì sera e la signora Antonia sta tornando a casa in bici con la sorella – mantenendo da questa la distanza di sicurezza – dopo una giornata massacrante di lavoro. La quarantena vale per tutti ma non per lei, costretta a lavorare per via del suo ruolo. Già nelle sere successive si era sentita urlare dai balconi disseminati lungo il tragitto che separa la sua abitazione dal luogo di lavoro imprecazioni varie ma classiche del periodo in cui viviamo: “Vai a casa! Devi stare a casa!”, eppure Antonia sta solo tornando da lavoro. Probabilmente non trova opportuno rispondere alle isteriche grida, siamo tutti frustrati e costretti alla reclusione ed adattarsi alla situazione non è semplice.
La sera successiva, mentre sta organizzando davanti al luogo di lavoro la disinfezione dei locali, una secchiata d’acqua lanciata dal balcone la raggiunge e giù le solite imprecazioni che ormai sono diventati riti. Antonia torna a casa e si sfoga su facebook, è una farmacista che svolge il suo lavoro di tutela della salute pubblica.
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